venerdì 8 giugno 2012
Lot- SODOMA E GOMORRA
Secondo il racconto biblico, Lot seguì suo zio nella marcia fino alla terra promessa (Genesi 11,27-31); ma quando le loro greggi divennero così numerose da non poter più pascolare insieme, decisero di separarsi. Lot scelse come suo territorio la valle del Giordano e la zona intorno al Mar Morto, mentre Abramo andò nella direzione opposta (Genesi 13).
In seguito Lot, stabilitosi a Sodoma,
venne rapito quando la città fu saccheggiata nel corso di una guerra; ma Abramo, venutolo a sapere, insieme ai suoi servi inseguì i razziatori, li sconfisse e liberò il nipote (Genesi 14).
Quando poi Dio decise di distruggere Sodoma e Gomorra, due angeli in sembianze umane vennero ad avvertire Lot perché fuggisse. Una volta che Lot ebbe fatto entrare i due nella sua casa e li ebbe rifocillati i Sodomiti bussarono alla sua porta per prendere i due visitatori e abusare di loro. Lot, per fermare la folla, offrì loro le sue due figlie vergini perché venissero violentate al posto degli angeli. A questo punto la folla inferocita venne fermata da un lampo abbagliante che fece perdere loro la vista. Lot fuggì con la moglie e le figlie; ma durante la fuga sua moglie, per aver contravvenuto all'ordine di non voltarsi a guardare, fu tramutata in una statua di sale (Genesi 19,1-26).
Lot si rifugiò quindi in una caverna con le due figlie; ma esse, desiderando concepire dei figli e non essendovi nessun altro uomo in quella regione, fecero bere del vino a Lot ed ebbero rapporti sessuali con lui mentre era ubriaco. Esse generarono due figli, dai quali discesero i popoli dei Moabiti e degli Ammoniti (Genesi 19,30-38).
Il mito di Sodoma nella storia
La narrazione di Sodoma ha avuto un'enorme importanza nella cultura occidentale, perché su di essa, più che sulla non meno severa condanna del Levitico 20,13, si è basata per secoli la giustificazione della persecuzione e condanna a morte delle persone colpevoli di comportamenti omosessuali.
La legge del 390 d.C. degli imperatori cristiani Teodosio I, Valentiniano ed Arcadio, Non patimur urbem Romam, previde per la prima per i prostituti omosessuali la pena del fuoco, proprio a somiglianza di quella subita da Sodoma.
Questa legge fu inglobata nel Corpus iuris civilis dell'imperatore Giustiniano I, accanto alla Novella 141 del 559, promulgata dallo stesso Giustiniano, che citava espressamente la rovina di Sodoma come esempio di ciò che accade alle città nelle quali sia permessa la pratica dell'omosessualità maschile.
La pena del rogo cadde in desuetudine col decadere dell'impero romano, ma fu riportata in vigore dai commentatori giuridici bolognesi del XII secolo, e reintrodotta nelle legislazioni civili europee contro i sodomiti. Dapprima i sodomiti furono sempre bruciati vivi, poi, a partire dal XV secolo, furono generalmente strangolati prima che il loro cadavere fosse arso sul rogo.
Questo tipo di punizione fu abbandonato solo nel XVIII secolo, anche se si ebbero condanne a morte (eseguite per mezzo della forca) ancora all'inizio del XIX secolo.
Il mito di Sodoma continuò comunque ad essere citato e discusso anche dopo questo periodo, ed anzi acquisì, in alcune correnti letterarie ed artistiche (libertinismo, decadentismo...), il valore di simbolo della libertà morale svincolata dai precetti religiosi, e fu esaltato come tale.
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