Presso la religione induista, il Liṅga (sanscrito, sostantivo neutro, devanāgarī लिङ्गं; letteralmente "marchio" o "segno"; reso anche come Lingam), consiste in un oggetto dalla forma ovale, simbolo fallico considerato una forma di Śiva. L'utilizzo di questo simbolo come oggetto di adorazione è una tradizione senza tempo in India.
In termini metafisici, rappresenta la forma dell'Assoluto trascendente senza principio né fine, oppure la forma del relativo formale che si fonde con l'Assoluto senza forma, o Brahman.
Gli studiosi fanno risalire l'origine del Linga all'antica civiltà della valle dell'Indo. Secondo i Purāṇa la sua più grande virtù è la sua semplicità, che si pone a metà tra la venerazione delle murti e la loro assenza – né forma né senza forma, come una colonna di fiamme[1].
Il grande guerriero Arjuna dell'epica Mahābhārata venerava il Lingam per ottenere il Gandhiva, il potente arco di Śiva; un grande studioso dei Veda, il re Rāvaṇa dell'epica Rāmāyaṇa, venerava Śiva e gli chiese l'Atmalinga per farne dono alla madre; il leggendario Markandeya e innumerevoli altri rishi sparsi in tutte le regioni hanno venerato il Lingam dall'aspetto più semplice. I rishi erano soliti abbandonare ogni materialismo per ottenere la spiritualità, e un pugno di terra nella foresta era tutto ciò di cui necessitavano per meditare e venerare la divinità; secondo il Lingayatismo o Veerashaivismo meditare sull'Ishtalinga (una particolare forma di Lingam), tenendolo sul palmo, aiuta a rapportarsi all'energia cosmica
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